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TOMCAT

La Repubblica

BRIVIDI E APPLAUSI PER “TOMCAT” IN SCENA AL RIDOTTO DEL MERCADANTE

DI GIULIO BAFFI

TOMCAT 

12 OTTOBRE 2017

E se il mondo crudele immaginato da James Rushbrooke fosse un futuro nemmeno troppo lontano? Brividi lungo la schiena degli spettatori ed applausi, anche liberatori, alla fine di “Tomcat” in scena al Ridotto del Mercadante. Lo mette in scena Rosario Sparno affascinato da un nemmeno tanto paradossale interrogativo che il molto premiato drammaturgo inglese pone e si pone, se ci sia o meno cioè un limite alla sperimentazione che trasforma il corpo e la mente in oggetto da studiare per poter migliorare il genere umano in affannosa e metodica ricerca di una forse impossibile, anche se desiderata, perfezione del genere umano. Verso dove? Fino a dove?

Rosario Sparno, regista dalla mano sapiente ha scelto l’inquietudine forte e per costruire questo suo inquietante spettacolo ha messo insieme una sua squadra d’attori che l’assecondano con incattivita certezza e/o disperata tenerezza. Si mette così lui stesso in scena insieme ad una bravissima Francesca De Nicolais, ed a Fabiana Fazio, Luca Iervolino ed Elisabetta Pogliani, bravi anche loro, in un asciutto percorso, evitando scivolose quanto facili retoriche, per raccontare la storia possibile di Jessie, adolescente psicopatica che vive rinchiusa in un’asettica clinica dove il suo corpo e la sua mente vengono monitorate per carpire i segreti di una malattia che la rende faticosa e fastidiosa presenza in un mondo non disposto all’imperfezione. Si prendono cura di lei un infermiere che le è tenero compagno premuroso, e due medici in contrasto di idee e passioni. E quando nella storia s’innesta il disagio ed il dissenso di una donna che la legge costringerebbe ad abortire perché gravida di un feto imperfetto, il percorso critico prende ancora altri risvolti ed ipotesi.

Attenzione però, lo spettacolo ha i ritmi serrati di un thriller, la passione di una denuncia, la tenerezza di un’amicizia imperfetta e profonda, le domande di un tempo che non ha facili risposte. Merito certo della scrittura che sfugge al tranello del manifesto ideologico, e certo della regia che sceglie emozioni piuttosto che proclami. Il resto, il futuro, è enigma che non conosciamo e vorremmo sciogliere dando spazio all’umanità necessaria e imperfetta che ci circonda. I costumi di questo spettacolo bello sono di Alessandra Gaudioso, il disegno luci di Riccardo Cominotto, le scene di Enrico de Capoa, le sonorizzazioni e le musiche di Massimo Cordovani, i disegni di Micaël Queiroz. Successo caloroso ed emozionato e repliche fino a domenica.

Corriere dello spettacolo

Antonio Mocciola

“Tomcat”, bioetica, pulizia genetica e futuro
Rosario Sparno e il futuro da decifrare

La “pulizia” genetica, la morale, l’etica, la diversità, l’amore, il cinismo. Sono questi i temi di “Tomcat”, l’esordio fulminante del giovane regista inglese James Rushbrooke, tradotto da Roberto Vertolomo e portato in scena da Rosario Sparno al Ridotto del Mercadante fino al 15 ottobre. Un’occasione ghiotta per discutere di un argomento lancinante e dai difficili, spesso insondabili, spigoli. Si parla di futuro, quanto mai prossimo, e di una bambina sfuggita alla perfezione da laboratorio, e proprio per questo cavia di esperimenti e studi tutt’altro che indolori. La piccola Jessie (Francesca De Nicolais) si sente, ed è, un animale domestico, una cavia, accudita da un infermiere, Tom (Luca Iervolino) e studiata dai medici Caroline (Elisabetta Pogliani) e Charlie (Rosario Sparno), con quest’ultimo scisso tra il lavoro e i problemi domestici con la moglie Rachel (Fabiana Fazio). In un interno claustrofobico, su cui si staglia la “finestra” di vita familiare di Charlie, la vitalità ferina della ragazzina, che come sempre la De Nicolais interpreta da autentica fuoriclasse, sbatte contro l’interesse clinico di chi la studia e la pietas di chi la cura. Ognuno può trarre le considerazioni che desidera, ed è questo il bello di un testo che taglia in due senza bisogno di ricatti emotivi, e che Sparno dipana con eleganza e misura, con britannico distacco ma con coerenza e stile. Benissimo gli interpreti, tutti in parte ed efficaci, mentre i suoni di Massimo Cordovani trattengono bene fibrillazioni e tensioni. Un teatro utile, denso, con sprazzi di ironia. E che, vivaddio, farà discutere.

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